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11 Gennaio 2024a cura del prof. Paolo Militello
Oggi, 11 gennaio 2024, ricorre il 331° anniversario del terremoto che nel 1693 funestò il Val di Noto.
Riportiamo una testimonianza poco nota delle due scosse che il 9 e l’11 gennaio 1693 colpirono la nostra città di Scicli. A raccontarla è Giovanni Mangano, originario di Lipari, padrone di una barca che, il 9 gennaio 1693, da Malta era approdata a Mazzarelli. Facciamo un riassunto, ma riportiamo anche la trascrizione tratta da un manoscritto del 1694.
Il 9 gennaio 1693, la sera stessa dell’approdo, Mangano e i suoi marinai (una decina in tutto) erano andati a Scicli a mangiare e dormire in una locanda. Mentre l’oste preparava per loro vitto e alloggio, i marinai avevano avuto quasi una premonizione: avevano così deciso di abbandonare la locanda ed erano andati a cenare e dormire al Convento del Carmine.
Quella notte stessa si ebbe la prima terribile scossa di terremoto. Il sisma fece crollare completamente la locanda, uccidendo tutti gli ospiti che vi erano dentro. Crollarono anche alcune celle del convento del Carmine, ma non quelle dei nostri marinai, che rimasero illesi e uscirono subito dall’edificio. Mai decisione fu più saggia: qualche minuto dopo crollò anche il resto del convento. Illesi e miracolati, i marinai ritornarono a Mazzarelli.
Due giorni dopo, la domenica dell’11 gennaio, prima di prendere nuovamente il largo con la sua barca, Mangano mandò nuovamente a Scicli due marinai per prendere alcuni documenti. Sbrigata la faccenda, i due si avviarono sulla strada del ritorno accompagnati da un uomo a cavallo, ma mentre stavano per uscire da Scicli arrivò la seconda terribile scossa di terremoto. Questa volta di fronte ai loro occhi si aprì addirittura una voragine dentro la quale cadde l’uomo insieme al cavallo. I due marinai, illesi e nuovamente miracolati, si voltarono a guardare Scicli, e la videro in rovina, ridotta in “un monte di sassi”. Nel frattempo a Mazzarelli uno tsunami danneggiava la loro barca, lasciando per fortuna illesi i compagni.
Alla fine, a Scicli morirono circa 2.000 abitanti, quasi un quarto del totale. Per un miracolo (anzi, per due) fra le vittime non vi furono i nostri marinai.
Testo originale
Ecco il testo tratto da Pietro Campis, Disegno historico o siano l’abbozzate historie della nobile e fidelissima città di Lipari (ms. 1694), a cura di G. Iacolino, Lipari 1991.
Da Malta pur anco con sua feluca ritornava a Lipari Padron Giovanni Mangano e si posò sotto il Castello di Scicli, dove proprio si dice li [Mazzarelli], e l’istessa sera, Venerdì 9 Gennaro, si portò con li sua marinari dentro la Città di Scicli, et entrati tutti in un allogiamento ordinarono la cena; ma mentre questa dall’aliogiatore se li preparava, toccati interiormente da tacito impulso, abbandonarono quella casa e se ne andarono al Convento del Carmine per ivi cenare con quei Religiosi e pernottarvi. Vi furono accolti cortesemente e doppo cena si ritirarono in una cella assignatali da quei Religiosi per riposarvi, come fecero.
Succedé in quella notte lo spaventoso e sopra cennato tremoto. Rovina l’allogiamento in cui dovevano pernottare se non fussero stati inspirati d’abandonarlo, e quanti in esso si trovarono, tutti restarono morti sotto quelle rovine. Caderono pur anco quattro celle del Monasterio dove allogiavano li dieci Liparoti, senza patire un minimo danno quella cella dove essi erano, se bene, alzatisi questi dal letto a quelle rovine et usciti fuora, subito il restante del Convento con l’istessa loro cella si ridusse in polvere.
Si ritirò il ditto Padron Giovanni Mangano alli Mazzarelli colli suoi marinari et ivi si trattenevano caricando la barca di varie mercantie per partirsi, quando la Domenica 11 Gennaro circa ore venti, conoscendo non havere i responsali giusti del carico, inviò dui de’ suoi marinari a Scicli per spedirli in buona forma; il che da loro esequito, ritornano alla barca con un huomo a cavallo.
Erano usciti dalla Città, et ecco un fiero tremoto; per forza del quale s’aprì il terreno dove si trovava attualmente quell’infelice che insieme col suo cavallo restò in quella apertura abissato sotto l’occhi delli ditti marinari che rimasero senza alcun danno, e, rivolgendosi a mirare verso Scicli, viddero in rovine tutta quella Città che subito si ridusse in un monte di sassi.
Occorse ancora che niente patisse il ditto Giovanni Mangano con altri suoi marinari mentre trattenendosi in discorso colle guardie del Castello delle Mazzarelle, essendo esso su la spiaggia e quelle in alto sul Castello battuto dal tremoto, senza che per ditta rovina ne restasse offeso alcun de’ Liparoti, i quali tutti, al primo scuotersi della terra, vocarono il loro Santo Protettore Bartolomeo, da cui riconobbero in quel pericolo la loro salvezza non meno che della loro barca, perché, nel [levarsi] che fece l’acqua del porto e nel subito riempirla furiosamente, la barca patì assai, aperse un menzo piano, perloché fu prodigio che non si perdesse del tutto.
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Paolo Militello è professore associato di Storia moderna presso il Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università degli Studi di Catania.
Già Segretario (2016-2019) della Società di Storia Patria per la Sicilia orientale, Istituto universitario fondato nel 1903, dal 2018 è affiliato al Mediterranean Institute dell’Università di Malta ed è membro della Real Academia Burgense de Historia y Bellas e della Red Cibeles.
Biografia completa Paolo Maria Militello.
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