“Era una piccola Sicilia ammonticchiata, di nespole e tegole, di buchi nella roccia”
(Elio Vittorini, “Conversazione in Sicilia”, 1941)

Le grotte di Chiafura si trovano nel lato sud-occidentale del costone di San Matteo di Scicli (RG) e sono state abitate fino agli anni Sessanta del Novecento.

Parco di Chiafura
Chiafura-foto di Emanuele Caschetto

Scicli e le grotte di Chiafura

Strettamente legato alla cittadina di Scicli che si stende nel luogo di confluenza di due Cave, quella di San Bartolomeo e quella di Santa Maria la Nova, il sito rupestre di Chiafura, occupa tutta la parete del colle di San Matteo, che sovrasta la città assieme a quello di San Bartolomeo.

La cava di San Bartolomeo ospita i quartieri del Bauso, addossato al pendio precipite del Colle San Matteo e di Santa Margherita, presso la chiesa identificabile probabilmente in Vico Porticatazzo, e di Timponello
L’abitato rupestre si articola in balze e gradoni sul crinale del Colle di San Matteo e, in tal modo, costituisce un terreno fertile per l’abitato in grotta; davanti ad ogni abitazione, infatti, si apre un piccolo pianoro usato o come strada o, se sufficientemente largo, come area di coltivazione.

La tipologia delle abitazioni

La tipologia delle abitazioni scavate nella roccia è costituita da uno o due vani rettangolari, di 4-5 metri di lato, che si aprono direttamente sulla strada o su un cortile antistante che i documenti medioevali chiamano: “raffo”.
L’organizzazione interna di ogni grotta è rudimentale; si trova spesso un forno, dei fori scavati nella roccia, qualche nicchia per riporvi le suppellettili e, talvolta, una mangiatoia, spesso ricavata da un originario sepolcro. In alcune grotte è possibile trovare una cisterna probabilmente di origine altomedievale, mentre in situazioni abitative più “ricche” si trova un collegamento interno tra due grotte.

La situazione strutturata in epoca medioevale e moderna si è in seguito ampliata con la costruzione di ambienti in muratura immediatamente all’ esterno dell’imbocco dell’antro. Altre volte, invece, si notano interventi di epoca antica che intervenivano a qualificare l’ambiente ipogeico con la giustapposizione di locali coperti da volte a botte
Chiafura era essa stessa una città: dotata di ingressi dall’esterno, di abitazioni di diverse dimensioni, di luoghi di culto, di infrastrutture per l’approvvigionamento idrico, di orti, appartiene alla cultura delle architetture rupestri del bacino mediterraneo.
Le caverne, infatti, sono esistite in tutto il mondo fin dal paleolitico. All’inizio le grotte naturali servivano da rifugio; successivamente, con la nascita dei primi villaggi, svolsero fondamentalmente funzioni di necropoli.

 

Vista dal Convento della Croce su Chiafura e Scicli
Vista dal Convento della Croce su Chiafura e Scicli

Alla fine del Settecento a Chiafura vivevano circa 2.000 persone (1/5 degli sciclitani), di varie classi sociali.

Ma ancora alla fine degli anni Cinquanta del 20° secolo vi vivevano centinaia di persone, in condizioni di disagio e deprivazione. Il Circolo “V. Brancati” di Scicli organizzò allora la venuta a Scicli di alcuni intellettuali nazionali quali Carlo Levi, Renato Guttuso, Pier Paolo Pasolini, Paolo Alatri, Maria Antonietta Macciocchi, Antonello Trombadori visitarono il quartiere rupestre, conobbero Scicli, animarono un dibattito, scrissero articoli sulla rivista “Vie nuove”: Chiafura diventò così un caso nazionale, di cui si occupò il Parlamento italiano, che approvò la risolutiva “Legge Aldisio”.

Con il conseguente sfollamento, Chiafura diventò un luogo di vergogna, da rimuovere, la cui riscoperta è iniziata negli anni Ottanta ed è recentemente culminata con la realizzazione del percorso archeologico e storico-antropologico di Chiafura (nel quadro dei Fondi strutturali Europei del Programma Operativo Regionale Sicilia 2000-2006, Asse I – Risorse culturali).

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