cibo

«Ti saluto, Adelì». «Che ci priparo di mangiari?». «Quello che vuoi. Tanto, qualunque cosa fai, è sempri bona».

Quello tra il personaggio di Andrea Camilleri ed il cibo è un rapporto autentico, estremamente personale e fatto di regole ben precise (come quella che vieta di conversare mentre si mangia. Nella serie del Commissario Montalbano non c’è racconto che non torni sul rituale culinario siciliano; l’ora del pasto, nei suoi  romanzi sul commissario, è sempre in evidenza.

Il rito pagano del pasto viene descritto dai testi di  Camilleri in modo minuzioso,   interpretando l’essenza pura dello spirito siciliano.  Il Commissario Montalbano decanta, si sofferma su, esalta l’odore di mare delle triglie appena pescate o un profumato piatto di vongole veraci, come va in visibilio per le mitiche arancine di Adelina, come solleva agli altari un lussurioso cannolo siciliano.
La  cucina di Montalbano, così come descritta dallo scrittore Camilleri, è un vero e proprio omaggio alle prelibatezze, ai prodotti culinari della Sicilia.

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<< Gustare un piatto fatto come Dio comanda è uno dei piaceri solitari più raffinati che l’omo possa godere, da non spartirsi con nessuno, manco con la pirsona alla quale vuoi più bene. >>

…e ancora

<< L’acqua bolliva, calò la pasta. Squillò il telefono, ebbe un momento d’esitazione, incerto se rispondere o no. Temeva una telefonata lunga, che magari non era facilmente troncabile e che avrebbe messo a rischio il punto giusto di cottura della pasta. Sarebbe stata una catastrofe sprecare la salsa corallina con un piatto di pasta scotta. Decise di non rispondere. Anzi, per evitare che gli squilli gli turbassero la serenità di spirito indispensabile per gustare a fondo la salsetta, staccò la spina.>>